Un nuovo progetto artistico e una collaborazione prendono le mosse da questa ultima Residenza del 2015 che vedrà impegnati Oscar De Summa e Stefano Cenci al Teatro dei Segni di Modena. Lavoro quotidiano, scambio artistico e spazio alla formazione come nei precedenti appuntamenti, e una serata finale aperta al pubblico, il 20 dicembre a partire dalle ore 20.00.
Si intitola “Forse aiuto” il progetto di residenza e spettacolo a cura di Stefano Cenci e Oscar De Summa, con Stefano Cenci, regia di Oscar De Summa, disegno luci di Matteo Gozzi.
Il corpo dell’uomo contemporaneo è un oggetto che viene interpretato in base alle esigenze dei mercati, per cui avremo un corpo da vestire, uno da nutrire, uno da curare. Mai un corpo-persona, che consta di emozioni o sentimenti o aspirazioni. Il nostro corpo è corpo dell’Altro, dove forze nascoste e potenti giocano le loro partite a nostra insaputa e ci lasciano addosso conflitti inestricabili che producono malattie e idiosincrasie per loro natura irrisolvibili. La lotta dunque è tutta all’interno e tutta inconsapevole. Se un tempo qualcuno ha detto che demoni e dei hanno deciso di farsi guerra e hanno scelto come campo di battaglia il cuore degli uomini, adesso, nell’epoca del potere della finanza liquida, potremmo dire che tutta la guerra tra multinazionali si gioca all’interno degli organi, dentro quel corpo che costantemente viene diviso, separato, specificato e quasi mai visto nella sua totalità e “interfuenzalità”.
Forse aiuto è un indagine del paradosso che ci sommerge e ci toglie il sorriso pur promettendoci la felicità, qualcosa da raggiungere, una balena bianca virtuale da perseguire vita natural durante in un accanimento terapeutico e sociologico che fa si che sia sempre un po’ più in la, sempre dopo la crisi, sempre a venire. Forse aiuto si interroga sul corpo e sulla necessità di aiuto senza sapere realmente a chi chiederlo questo aiuto, perché, proprio come nel medioevo, la cura potrebbe essere peggiore della malattia. L’impotenza dunque si rivela nel corpo di un attore, che dal rigore delle scelte, rivela il paradosso sotteso nelle relazioni della scena, con sé, con gli altri, col fuori, o peggio ancora, con il dentro. Per dirla con Artaud dovremmo evirarci tutti gli organi per essere liberi!