MA – Gruppo Opera
di Sonia Logiurato #konsulta

MA è il nome dato da Gruppo Opera allo spettacolo su cui sta lavorando e del quale ha dato una piccolissima anteprima a Modena, a conclusione della settimana di Residenza al Teatro dei Segni (19/26 gennaio 2013).
Ma cos’è MA? E’ una congiunzione, un dubbio? MA è molto più di questo, è una parola giapponese  che indica lo spazio tra gli oggetti e che ben sintetizza il percorso di ricerca che regista, performer e musicista di Gruppo Opera stanno portando avanti e il cui esito, stando a quel che la compagnia ha condiviso con il pubblico modenese, potrebbe essere uno spettacolo davvero singolare. Studio dello spazio e del movimento, del coordinamento tra il movimento umano e quello di un cubo metallico che può mutare forma, della relazione tra musica e azione, MA non può essere descritto o spiegato perché potrebbe evolversi in molti modi diversi.
Affascinante e coinvolgente l’interazione tra la performer e il cubo, ma un punto di osservazione  diverso dalla classica posizione dello spettatore che si trova di fronte al palco potrebbe permettere una migliore percezione degli elementi nello spazio del teatro che diventa iperspazio e del vuoto tra questi elementi. Luci e musica contribuiscono abbastanza bene a creare la percezione di questo iperspazio anche se ancora molto resta da fare.

Federico Ortica, Marta Bichisao, Vincenzo Schino - ph. Chiara Ferrin

Federico Ortica, Marta Bichisao, Vincenzo Schino – ph. Chiara Ferrin

UNO STUDIO APERTO, IL PUBBLICO E L’OPERA
dii Alessia Rosa Avallone #konsulta

Sabato 26 gennaio la compagnia Opera ha terminato la sua residenza al Teatro dei Segni e ci ha salutati con quello che definiscono uno studio a porte aperte. Il tema è lo spazio vuoto nella sua pienezza e fecondità in quanto delimita e rende possibile l’esistenza di corpi diversi.
Gli strumenti a loro disposizione sono il corpo umano ed il movimento, ma anche le luci e i suoni. Come essi stessi hanno tenuto a ribadire lo studio e l’elaborazione di questo concetto non rappresentano ancora un punto di arrivo ma un processo. Significative sono state infatti le differenze rilevate tra la seduta di prove aperte di metà settimana e la presentazione del sabato sera, il che rende davvero difficile da prevedere e immaginare lo spettacolo finito. Del resto il loro studio consiste nell’estrarre dall’inconscio immagini, suoni e sensazioni, di isolarle per poi riprodurle in una forma nitida, pulita e precisa ordinandole intorno al concetto di spazio, e questa ricerca si nutre di input e ispirazioni soggettive che seguono e riflettono la crescita e la sensibilità artistica di ciascun performer e la sua capacità di coordinarsi e compattarsi con gli altri performer in un unico movimento fluido e complesso.
Questo studio è appena agli inizi ma già si possono cogliere alcune caratteristiche significative come la sensazione di compattezza e di fluidità fra i tre performer e la volontà di andare oltre i limiti posti dal linguaggio teatrale tradizionale. Di fatto, sul palco si muove una sola danzatrice nell’esplorazione dello spazio ma il suo movimento, anche se spontaneo e dettato dall’improvvisazione, sembra collegato e coordinato con quello del musicista e del regista delle luci ai piedi del palco. Se poi consideriamo la presenza della danzatrice anche nello spazio occupato dal pubblico, le luci puntate ad illuminare ora  i performer ora lo stesso pubblico e perfino ambienti esterni come la regia, e il suono che come un liquido riempie l’intera sala entrando negli spettatori, anche il pubblico acquista un ruolo di performer dell’opera. Il risultato è una sensazione avvolgente e suggestiva.

Dal lavoro di Gruppo Opera in Residenza a Modena - ph. Chiara Ferrin

Dal lavoro di Gruppo Opera in Residenza a Modena – ph. Chiara Ferrin

Marta Bichisao - ph. Chiara Ferrin

Marta Bichisao – ph. Chiara Ferrin