Non lo sai? Non si è mai soli, tutti quelli che abbiamo ucciso sono sempre con noi
di Sarah Tioli #konsulta
Sono le otto e mezza, sento ancora l’odore della piadina calda sotto il naso. Entro nella Sala San Pio X dove sta per avere inizio la prima edizione del festival Trasparenze. Mi siedo a lato della scena, alla mia sinistra scorgo una figura strana e interessante. Mi attraggono gli anfibi, con lo scotch nero isolante sulla punta e sul polpaccio. La giacca di pelle salta agli occhi. E poi è caos, dolore, velocità. Occupano la scena Caligola e Drusilla. Qualche vago riferimento all’anarchia, e una drammaticità che spacca le noci sotto i denti.
Ancora prima di aver avuto la possibilità di digerire lo spettacolo, usciamo per andarci a sedere al Teatro dei Segni. La Consulta entra rigorosamente prima: un sorriso stampato in viso, un privilegio. Cala il buio e compaiono sei uomini. Mi colpisce il più calvo, o meglio i suoi pantaloni.
La ribellione e il cambiamento sono dettati da tavoli che sbattono, da corpi che agilmente si alzano sopra di essi e si buttano sotto quest’ultimi. Un figlio che cerca un padre, e un padre che cerca un futuro nel mondo del lavoro. Da una parte la figura paterna, che esalta le mani e reprime l’intelletto. Dall’altra un figlio, che seppur traviato e facente parte di un pentagono maledetto, non sembra essere indifferente agli stimoli.
Rabbia, caos, sesso facile, divertimento, si evolvono nel modo sbagliato. Cambiano, come la disposizione dei tavoli, fino a diventare violenza. E infine, l’esaltazione degli estremi. Il ragazzo è costretto a spingersi troppo oltre, a causa della passività di un padre che non ha più voglia di cercare un dialogo e che fomenta questa giovane rabbia. La paura. È quello che uccide l’anima, e ti sottomette. Arrabbiati, ma non impaurirti.
Forse mi sono lasciata prendere dalle parole, ma servivano almeno queste per descrivere tanta bellezza. Una fottuta onestà, come un secchio di acqua fredda che ti colpisce in viso, senza aspettartelo. Attori ottimi, sembravano nati per fare quello che stavano facendo. Ho amato il teaser che ho visto in precedenza, e lo spettacolo non ha fatto altro che attirarmi ancora di più verso di loro. A Bologna, in occasione delle repliche del nuovo spettacolo a Teatri di Vita, cercherò di tornare a vederli.
La violenza a teatro, ovvero Pater Familias
di Elena Campanile #konsulta
La prima edizione del festival “Trasparenze – Atelier della scena contemporanea” di Modena, ideato e promosso dal Teatro dei Venti, ha preso il via ieri sera con il “Pater Familias” di Kronoteatro. L’incontro/scontro generazionale, l’incapacità di comunicazione, l’omologazione al gruppo, il branco, il male: sono questi i temi attorno ai quali è costruito lo spettacolo.
Al centro della vicenda ci sono il padre e il figlio: il primo, simbolo di una generazione passata legata alla cultura del lavoro, non capisce i giovani d’oggi “con le mani in mano”; il secondo è il rappresentante della nuova generazione priva di valori e rabbiosa. Attorno ai due si muove il gruppo di amici del figlio. Un “branco” capace di ogni tipo di violenza fisica e psicologica che attraverso una pressione continua porterà il figlio a compiere quell’ultimo gesto liberatorio. Per dimostrare che lui “è come loro”.
Il registro narrativo è duplice. Da una parte la realtà nella quale padre e figlio non riescono ad avere un contatto e nella quale i ragazzi cercano di riempire il vuoto che li caratterizza attraverso un crescendo di ferocia. Dall’altra parte una realtà onirica: un labirinto che il padre ossessionato dalla manualità ha costruito e che diventa luogo di espressione d’impulsi dove padre e figlio riescono ad avere un contatto, seppur violento.
Kronoteatro è una compagnia tutta maschile di giovani attori guidati da Maurizio Sguotti nata nel 2002. Il loro è un “teatro di corpo” basato sulla trasposizione fisica del testo, come si può ben notare nello spettacolo. I ragazzi, ottimamente diretti dal coreografo Davide Frangioni, si muovono all’impazzata, ballano e spostano i tavoli che compongono la scenografia, minimalista ma efficace, il tutto seguendo le note di un’incalzante e cupa musica elettronica che dà un ritmo incalzante. “Pater Familias” è il secondo capitolo di una trilogia teatrale incentrata sul concetto di Familia inaugurato con “Orfani_la nostra casa” e che seguirà con “Hi Mummy_frutto del ventre tuo”.
Il testo con il quale si confronta Kronoteatro è molto attuale e per niente facile. I ragazzi riescono a riempire brillantemente la scena per tutta la durata dello spettacolo senza annoiare o stancare lo spettatore, che uscirà dal teatro ricco di sensazioni forti e pieno di domande e dubbi sulla società contemporanea.
I peccati capitali del laboratorio Corsaro
di Elena Campanile #konsulta
La prima edizione del festival “Trasparenze – Atelier della scena contemporanea” da lunedì 22 ottobre e per tutta la settimana sta animando il quartiere San Giovanni Bosco di Modena. Scopo della manifestazione è far riflettere sulla contemporaneità attraverso la programmazione di cinque spettacoli teatrali che una Consulta di giovani di età compresa fra i sedici e i ventiquattro anni ha selezionato fra trecento progetti presentati. Oltre a questi troviamo uno spazio dedicato a vari studi teatrali.
Nel secondo giorno la sala parrocchiale San Pio X ha ospitato Nefas – Patologie dei 7 nani, primo studio del laboratorio Corsaro: un laboratorio d’arte e teatro condotto dalla compagnia modenese Ludovico Van Teatro in collaborazione con l’Istituto d’arte A. Venuti e la Scuola Talentho. Nefas analizza i sette peccati capitali raffigurati dai sette nani della favola Biancaneve. Per Trasparenze i direttori Daniele A. Paganelli, Eleonora Manicardi e Adriano Montorsi hanno deciso di focalizzarsi sulla figura di Biancaneve e la Regina, interpretate da Annalisa Forghieri e Ramona Pecoraro, creando un monologo a due incentrato sulla lussuria e sull’avarizia.
Chi era Biancaneve? Chi la Regina? La scelta di estrapolare questi personaggi dal loro contesto originale, senza dar loro una nuova dimensione narrativa, rende la comprensione dello studio pressoché impossibile. La lentezza nei movimenti e nei dialoghi distrae lo spettatore che non riesce a seguire lo spettacolo. Parole e movimenti sono scollegati tra loro, non riuscendo a comunicare il motivo di tanti gesti.
Le uniche note positive sono i costumi ben curati (che ritraggono un’eroina punk e una giovane zingara scalza) e la scenografia: bella la scelta di collocare queste due figure su un tappeto di foglie secche. Progetto interessante che probabilmente avrebbe delle potenzialità nella sua completa realizzazione ma che purtroppo fallisce nell’adattamento breve con soli due personaggi.
Suggestioni fuori dal tempo
di Sonia Logiurato #konsulta
La terza serata del festival Trasparenze 2012 al Teatro dei Segni vede in scena la compagnia toscana Zaches Teatro con Mal Bianco, spettacolo vincitore nel 2010 della prima edizione del Premio Prospettiva Danza Teatro 2010.
Un telo bianco separa il palcoscenico dalla platea filtrando luci e persone che perdono la loro tridimensionalità per ridursi a due sole dimensioni come un quadro. Suoni elettronici creati ad arte invadono la sala, immergendo lo spettatore in un’atmosfera sospesa. Ritmi che cambiano in continuazione, che accelerano e rallentano. Movimenti suggestivi evocano rituali di paesi lontani, atti di creazione, momenti di ispirazione, di incontro e scontro, apparizioni di strane forme viventi. In scena non si vedono attori ma ombre e immagini. La parola è assente e lo spettatore è abbandonato a se stesso in questo viaggio attraverso visioni.
Mal Bianco è il secondo spettacolo della Trilogia sulla Visione nella quale la compagnia esplora l’opera pittorica di tre diversi artisti ricercando nell’atto visivo una forma articolata di percezione. Il primo capitolo Il Fascino dell’Idiozia prende spunto dalle Pitture Nere di Goya, il terzo invece Cronache di un silenzio si baserà sull’opera di Francis Bacon. In Mal Bianco è il pittore giapponese Hokusai, creatore dei Manga alla fine dell’Ottocento, che ispira la compagnia nella creazione di questo spettacolo in cui, proprio come nei quadri del maestro, le scene si susseguono senza apparenti relazioni.
La performance eccelsa delle tre danzatrici è accompagnata da studiati giochi di luce che guidano lo sguardo dello spettatore in un mondo dal fascino orientale e fuori dal tempo. Uno spettacolo di una bellezza che non può certo essere apprezzata da chi cerca nel teatro una storia, un filo logico. Le parole chiave sono “sospensione del giudizio”. È compito dello spettatore lasciarsi andare completamente e affidarsi solo alle emozioni.
Il teatro è un atto di fiducia.
Non sempre ci si fida quando si osserva, quindi non sempre si vede. Fidarsi significa affidarsi, lasciarsi scorrere, lasciarsi inventare dalla scena… fidarsi è porsi domande. La scena non restituisce risposte, ma pone domande, aperture. Il resto è il lavoro dello spettatore, che dovremmo chiamare ascoltatore.
Ludovico Van